Scherzetto svedese… una leggenda metropolitana

Avete mai provato l’ansia tachicardica di chi si perde in un posto senza trovare via d’uscita? Probabilmente no.

Avete mai provato la tachicardia ansiogena di chi, scendendo la scala mobile dell’Ikea carico come un mulo di acquisti inutili, scopre di non ricordare a che piano e a che lettera e a che numero abbia lasciato la macchina? Quell’insana e cardiologica sensazione di mancamento quando proprio comprendete che anche se vi sforzaste per ore e ore non riuscireste a trovarla?

E’ in quell’istante che iniziano a sorgere mille teorie complottistiche nel vostro cervello, che cerca una plausibile spiegazione per non incolparsi di cotale mancanza. Il cerebro inizia così ad elucubrare che la macchina l’aveva lasciata vicina all’entrata, come al solito, ma che qualcuno potrebbe avergliela rubata: ecco perché non la trovo più! Non è mica colpa mia.

Rendendosi poi conto intimamente che la spiegazione non è plausibile, immagina di andare a qualche sportello (ma esiste poi uno sportello tipo box informazioni a cui chiedere…) per chiedere all’impiegato se dalle telecamere a circuito chiuso del parcheggio vi può individuare la macchia… e dirvi dov’è…

Ma vi rendete conto nel pensare questa cosa, che è impossibile, che non esiste un box-office del genere, e che la faccia dell’impiegato sarebbe qualcosa di misto tra chi sta per scoppiare a ridere e chi prova un senso miserevole di compassione.

Così immaginate che tra qualche istante, appena la scala mobile finirà di trasportarvi come una qualsiasi merce, immaginate che sarete laggiù nel grigio-cemento del parcheggio a strisce blu a far scattare l’apertura centralizzata della vostra macchina… se non è troppo lontana può andar bene, e magari la individuate; la cosa bella è che se non la vedete al primo colpo, potete pur sempre individuarla al secondo o al terzo, all’illuminarsi alternato delle frecce…

Ma se non fosse lì, in QUEL piano, e fosse in un altro, vi toccherebbe far passare tutti i piani del parcheggio; cosa che- carichi come siete con tutte quelle cianfrusaglie- proprio non vorreste…

Proprio in quell’istante la scala mobile vi scarica là, al piano uno; certo, siete sicuri che era al piano uno, la vostra auto; mai parcheggiato al piano interrato in vita mia! Fortunatamente, allungando lo sguardo, oltre il drappello di persone che cerca di vendervi il kit del prontosoccorso (tiè!) o il nuovo ritrovato ayurvedico a vantaggio dei bambini dell’India (che poveretti non ce ne hanno colpa se qualcuno spaccia cose a nome loro!), proprio mentre riuscite ad allungare lo sguardo, vi appare lei, sorridente, con i suoi fari che sembrano guardarvi come gli occhioni del vostro gatto abbandonato, con la carrozzeria del color fango perché ha piovuto e non avete avuto ancora tempo di lavarla, con il fiocco sull’antenna come ce l’avete messo solo voi così al parcheggio del supermercato la riconoscete da lontano; e -man mano che si avvicina- con le prime lettere della targa uguali uguali… ma i numeri no, e anche le due ultime lettere NO…

E ti verrebbe da sparare una parolaccia in svedese, se lo sapessi; ritorni con la coda tra le gambe alla scala mobile, provi a scendere un altro piano, e ti convinci che passerai la serata a girovagare come nell’inferno dantesco tra l’odore dei tubi si scappamento e il freddo buio del cemento, e la musichetta stupida che esce tutte le volte che si apre la porta scorrevole… Il male minore sarebbe incontrare Cerbero. Ecco, con in mano il telefono, ti accingi a prenotare una pizza d’asporto da mangiare là sotto a mo’ di cena, mentre cerchi di trovare la tua macchina; e ringrazi Dio di essere all’Ikea e non al supermercato, perché sennò si scioglierebbero i surgelati, e morirebbero i fermenti dello yogurt, e l’insalata appassirebbe senza il frigo…

Ma ti rendi conto che il telefono non prende, perché sei sotto-terra.

Kaputt. Morto.

Si racconta che per i parcheggi dell’Ikea girino di notte gli spiriti di centinaia e centinaia di persone in cerca della loro auto; probabilmente se guardassero meglio, la troverebbero ben nascosta, smontata in piccole parti da ricomporre, sotto l’angolo più angusto della scala mobile…

13 risposte a “Scherzetto svedese… una leggenda metropolitana”

    1. Era il mio intento… 🙂 E pensare che ci ho passato una ventina di minuti, salvo poi avere un rapido barlume… F10, primo piano; il numero penso che me lo giocherò al lotto… 😉

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  1. Non hai veramente nulla da invidiare ai comici che sono in voga di questi tempi……un monologo esilarante :))

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    1. Oh Silvia, troppo generosa… Piacere di averti fatto sorridere!

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  2. Anche a me una volta è capitato un fatto simpatico con l’auto… non ero al supermercato, ma davanti al cimitero. C’erano tante macchine, ho aperto lo sportello, ho posato le mie cose, ho fatto salire una mia amica, ma, quando volevo mettere in moto mi sono accorta che … non era la mia. E’ inutile dire che fu impossibile trattenere le risate davanti a quel luogo sacro 🙂

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  3. Grazie a questo post ora ho un sorriso non dico a 32, ma a 31 e mezzo quasi di sicuro 🙂

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    1. ho omesso “denti” Ahahah

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  4. L’hontrovata io, la tua macchina. L’honrimontata davanti a dasa, ma mi sono rimaste delle viti

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    1. Ecco… le viti…quelle avanzano sempre; l’importante è che non ti sia avanzata una ruota… 😉

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      1. Quella cosa rotonda e nera era una ruota? Pensavo a una vite gigante

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        1. Beh sai… chi può dirlo… le istruzioni sono un svedese ed è difficile capire cosa sia… o magari poteva essere un cappello per giganti da cui i giganti staccano la gomma e la usano come chewingum…
          No, mi sa che hai ragione, è una vite anti-urto… 😉

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